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Marianna Iodice - La cacciatrice

Aquí puedes leer online Marianna Iodice - La cacciatrice texto completo del libro (historia completa) en español de forma gratuita. Descargue pdf y epub, obtenga significado, portada y reseñas sobre este libro electrónico. Año: 2013, Editor: marianna iodice, Género: Historia. Descripción de la obra, (prefacio), así como las revisiones están disponibles. La mejor biblioteca de literatura LitFox.es creado para los amantes de la buena lectura y ofrece una amplia selección de géneros:

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Marianna Iodice La cacciatrice
  • Libro:
    La cacciatrice
  • Autor:
  • Editor:
    marianna iodice
  • Genre:
  • Año:
    2013
  • Índice:
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La cacciatrice: resumen, descripción y anotación

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La cacciatrice

Cronaca delle ultime 24 ore di una vergine prima del matrimonio della sua coinquilina

Infanzia

Taci, che non c'è voce.

Invento viaggi di barche di carta,

disegno aquiloni di vento.

Pasticcio colori.

Aspetto che sboccino fiori di plastica

e parlo ad una formica

del tempo che verrà.

Cap 1

Le prime saracinesche si aprivano schiaffeggiando l’aria fredda delle sette del mattino; a quell’ora Teresa generalmente non carburava, tanto più quella mattina in cui i ricordi della notte trascorsa annebbiavano ancora il suo cervello.

Persa fra lo ieri e l’oggi, fissava il libro aperto davanti agli occhi, continuando a seguire i suoi pensieri.

La casa era ancora tranquilla: le coinquiline erano a tutte letto. Quell’enorme silenzio, che di lì a poco sarebbe sparito fra le grida, di colpo, così senza preavviso, la spaventò.

Il cavaliere sulla Vespa

"Una volta mia madre mi portò in Sardegna per visitare i luoghi in cui è vissuta. Fu allora che assaporai parte dell'atmosfera dei suoi bizzarri racconti. Quando vidi il mare, la campagna, i massicci vecchi e stanchi di questa antica terra, già molto era cambiato dai tempi della sua giovinezza. Ascoltando per anni i suoi racconti ho capito che nei discorsi di un isolano c'è sempre un orgoglio diverso, una solitudine e un attaccamento alle radici più forti.

Geologicamente la Sardegna si stacca dall'intera penisola: è come una vecchia tartaruga centenaria che nuota nel Tirreno. La sua differenza dalla terra ferma,, questa differenza che gli isolani sentono nel cuore, non è solo il sentimento di un popolo, ma è scritta anche nelle pietre. Calangianus è uno dei paesi in cui mia madre insegnòin gioventù; si trova nella Gallura e i suoi paesani, negli anni '60, erano per lo più proprietari di sughereti o contadini.

I monti di Limbara, levigati e corrosi dal vento, brulli come un paesaggio lunare, facevano loro da abbraccio.

Quando insegnava in quei luoghi, mia madre aveva ventitré anni, era appena libera da una storia d'amore con un greco, e Celentano in radio con " sola, sei rimasta sola" la faceva piangere.

Una volta mi raccontò di quel giorno in cui perse l'autobus per raggiungere la scuola in cui prestava supplenza. Stava già per mettersi in cammino a piedi per raggiungere l'istituto quando, provvidenziale, arrivò il passaggio di un giovanotto in vespa, giunto come un angelo custode per salvarla da una ripidissima e lunga salita.

Me la immagino, nel mondo s'erano appena affacciati gli anni '60, e per quanto potessero, quegli anni erano arrivati anche in una zona desolata come quella.

“Sassari era in tutto una città del Nord; il resto, dove mi trovavo a fare la maestra, era profondo Sud” diceva sempre .

La vedo con gli occhi della mente vestita alla moda dell'epoca, capelli lunghi, raccolti a coda di cavallo, giovane maestrina di campagna, abbandonata dai caffè e dai passeggi cittadini, abbracciata dalle contadine, dai salumi e dai formaggi.

Fu provvidenziale, dicevo, che quel giovanotto le desse un passaggio per non farle fare tre chilometri in salita a piedi, ma la ventitreenne pudica e leggera come un fuscello non volle mettere le braccia intorno alla vita del giovane, così il gentiluomo a cavallo della rombante motoretta se la perse per strada, in un punto imprecisato della salita.

Se ne accorse qualche chilometro troppo tardi.

Ore 8:00

Tra le cose che la madre di Teresa le ripeteva spesso c’era la lamentela di essere vissuta nella totale ignoranza del sesso, almeno fino al matrimonio. Sua madre era stata in realtà una ragazza molto corteggiata, ma alla fine i pretendenti la lasciavano stare perché lei non si concedeva; una paura costante era, raccontava alla figlia adolescente, che dato il via ad un uomo lui “non si sapesse fermare”.

Proprio questa frase venne in mente a Teresa quando Dario, la sera precedente, la riaccompagnò a casa. Tuttavia in quella serata constatò che (come sempre del resto era successo con altri ragazzi e in altre occasioni) Dario si era fermato quando lei aveva voluto. Dandole certo dell’imbranata, ma non era andato più in là del consentito.

A Teresa, di quell’ “imbranata” detto con il sorriso, in vero poco importava, tant’è che ironicamente disse a se stessa che nella sua famiglia erano tutte un po’ paurose, ma che si certo la terza generazione sarebbe stata quella migliore; intanto la situazione dell’asse genetico XX stava migliorando con lei, ma sarebbe stata sua figlia (rise fra sé e sé) la mangia uomini.

Era molto felice in realtà quella sera, perché poter guidare il gioco la faceva sentire alle stelle.

Dopo queste riflessioni, Teresa s’era messa finalmente di buona lena a studiare chimica organica. Dal mercato rionale si sentiva un brusio indefinito dal quale, come una sirena, emergeva la voce di Nicola, ragazzotto di 27 anni, venditore ambulante di verdure da generazioni, che invitava tutti a comprare le rape. "Rape fresche!", strillava, pronunziando la parola "fresche" in modo così stirato e stretto da sembrare "rape fritte!".

Tanto che per lungo tempo Teresa, che non era poi così esperta di inflessioni baresi e inflessioni della comunità linguistica dei venditori ambulanti di verdura, pensò a lungo che il tipo vendesse proprio rape buone da friggere.

Ogni volta che la ragazza sentiva gli inviti assordanti dell’ambulante scoppiare nelle orecchie, un gorgoglio di succhi gastrici dissentiva nel suo stomaco.

Gessica, svegliatasi nel frattempo, era in cucina a fare colazione. Il buon odore di caffè riempiva la stanza, il Tg 5 sparava a raffica i suoi flash e le previsioni meteo con voce metallica, srotolando immagini a sequenza. Ad un certo punto sbucò nel corridoio un tipo un po’ grassoccio, alto, dal viso molto interessante, con un filo di barba rada.

«Da dove viene questo?» Pensò ad alta voce Teresa, mentre vedeva Maria, con aria inebetita, affacciarsi sul corridoio dalla porta di fronte; i loro sguardi s’incrociarono stupiti e increduli dalla meraviglia: “un maschio sconosciuto alle otto di mattina in casa nostra?!”

«E sì - pensò Teresa - io in questa dimensione ci sono cascata per sbaglio. Appartengo ai cartoni animati della Walt Disney, quelli di Paperino sfigato con la 113. E Maria è Pippo!»

Rise di gusto, rivedendo la faccia della sua amica. Poi si rimise a studiare

Ore 8:30

Un grido stridulo e adirato si levò dall'altra stanza.

Era Gessica.

Per la cronaca, il nome anagrafico di Gessica era Giacomina, ma chissà perché le famiglie appioppano ai figli i nomi con il sottotitolo: "la chiamiamo (nome pessimo, magari del nonno) ma la chiameremo (diminutivi, vezzeggiativi, assonanze che col nome vero non hanno niente a che vedere, traduzioni in inglese senza giusta grafia, nomi totalmente diversi dall'originale senza neppure una lettera in comune)".

La ragazza g ridava contro la coinquilina Vanna, adducendo varie spiegazioni più o meno razionali per giustificare la sua rabbia, perché “non era possibile vedersi spuntare un estraneo in casa” , " perché quella era casa di tutti” e “ non è giusto per questo e quest'altro motivo che non ci fosse privacy " .

Vanna, che non aveva avuto un secondo per ribattere, sentendosi ferita nell’animo, si voltò con un sonoro ‘fanculo e se ne andò in camera sua sbattendo la porta. Il loro vociare volò di stanza in stanza. Gessica, alle spalle di Vanna, continuava a sbraitare ripetendo e ribadendo che non poteva sopportare quell'atteggiamento "così infantile". A dirla tutta non poteva sopportare quell’ultima parolaccia sputata sulla propria faccia dalla coinquilina, anzi, a dirla proprio tutta, non poteva sopportare la sua coinquilina.

E, naturalmente, come sempre in ogni battibecco della casa, non poteva sopportare di non aver avuto l’ultima parola. Durante e dopo il siparietto di Gessica, Teresa rimase assolutamente ferma sulla sedia. Scene così erano pane quotidiano. "Pane e veleno!”

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